Recovery fund: sicuri che accadrà?

di Alessandro Bottero

Dimensioni e durata del recovery fund; criteri di ripartizione degli aiuti; proporzione tra sussidi a fondo perduto e prestiti; condizionalità legate a investimenti e riforme; dimensioni e contenuti del bilancio pluriennale europeo 2021-2027, incluso il dibattito sulle risorse proprie (nuove tasse per i giganti del web, della finanza, per chi inquina) e sui cosiddetti rebates (gli sconti di cui beneficiano i paesi che usano meno i fondi europei).

Ecco i punti che ancora dilaniano l’UE, e che impediscono una messa a punto e una attivazione immediata degli strumenti economici richiesti per evitare l’esplodere della crisi sociale in autunno.

Come si vede c’è tanto da discutere. Sia sul recovery fund, che la Commissione ha fissato in 750mld di euro di cui 500 in sussidi e 250 in prestiti, sia sul bilancio pluriennale, lo strumento in cui si inserisce il piano di ricostruzione, e che quindi va definito attorno al piano e partendo da un piano definito in ogni dettaglio

Olanda, Austria, Danimarca, Svezia vogliono ridimensionare la portata del fondo, e sembra che anche la Germania non sia del tutto lontana da questa idea. Infatti il governo tedesco propone di tornare al piano franco-tedesco (500mld in totale). I quattro paesi del nord inoltre non vogliono perdere il diritto ai rebates, per risparmiare sui contributi al bilancio dell’Ue. Altri problemi arrivano da Belgio, Irlanda e altri Stati che contestano i criteri di ripartizione degli aiuti: Italia in testa con 172mld di euro, seguita dalla Spagna con 140mld, In teoria l’UE ha detto che gli aiuti maggiori vanno agli Stati particolarmente colpiti dalla pandemia. Ma dopo Italia e Spagna c’è la Polonia, non particolarmente afflitta dal virus eppure titolare di risorse per 64mld di euro. Senza voler mettere in atto una macabra conta dei morti, alcuni hanno posto la questione perché il Belgio, più colpito dalla pandemia, debba ricevere meno aiuti della Polonia.

Come vedete è ancora troppo presto per cantare vittoria. Non lasciamoci ingannare dagli slogan su Facebook