Recovery Fund: specchietto per le allodole?

di Alessandro Bottero

Secondo l’economista Zsolt Darvas del think tnak Bruegel, solo un quarto dei 500 miliardi previsti dal Recovery Fund potrà essere speso dai Paesi in difficoltà nella fase più acuta della crisi, corrispondente al secondo semestre 2020 e l’intero 2021. Per poter spendere il restante 75% si rischia di dover aspettare ben due anni e mezzo, a partire dal 2023, quando potrebbe essere troppo tardi per prendere di petto le conseguenze economiche dell’epidemia da coronavirus.

Secondo il report elaborato da Darvas per il think tank di Bruegel da qui al 2022 potrà essere speso solo il 25% dei 500 miliardi stanziati dal Recovery Fund. I programmi operativi finanziati dal Bilancio Ue infatti vengono prima progettati, poi approvati e infine attuati. E’ un processo lento che vale per tutti gli strumenti di finanziamento della Commissione, anche per il Recovery Fund. Dall’analisi degli allegati alle varie proposte di Bruxelles sui diversi strumenti finanziati attraverso il fondo, si vede come il 78% degli “impegni” di spesa venga effettivamente concordato nel lasso di tempo che va dal 2020 al 2022.

Ma concordato non significa erogato. Concordato significa trovare un punto di accordo sul fatto che dopo aver raggiunto un accordo comune a quel punto avverrà l’erogazione reale dei fondi.

Infatti dice il report: “Tuttavia, la Commissione prevede che appena il 24,9% della nuova potenza di fuoco in sovvenzioni verrà speso nel periodo 2020-2022, quando le esigenze di una ripresa economica saranno maggiori”.

Per quanto riguarda il Recovery and Resilience Facility composto da 334 miliardi di sussidi, nel 2021 saranno impegnati 131 miliardi ma Bruxelles stima di erogarne solo 19 in tutta l’UE

Nel 2022 su 134 miliardi impegnati sempre Bruxelles prevede di erogarne 53, sempre in tutta l’UE

I quantitativi maggiori, e che potrebbero essere davvero efficaci inizieranno a essere sborsati solo nel 2023 (78 miliardi), nel 2024 (87 miliardi) e infine nel 2025 (59 miliardi). Venticinque miliardi nel 2026 e così via, calando.

In sintesi: annunci tanti, soldi pochi