Europa: paradisi fiscali da una parte, imposizione di rigore dall’altra

Di Alessandro Bottero

Se dico “paradiso fiscale” a cosa pensate? A isole tropicali, spiagge, polizia e governi corrotti e succubi di miliardari che fuggono dai paesi dove sono nati con valige piene di soldi, e si godono la vita mentre “laggiù” le persone comuni soffrono, sudano e pagano le tasse.

Beh, questi sono i film, gli sceneggiati, i romanzi di avventura. Non la realtà. O meglio, la realtà è anche questo, ma non solo questo.

Si pensa che i paradisi fiscali esistano lontano dalla nostra Unione Europea, attenta e rispettosa delle leggi.. Si pensa che i paradisi fiscali esistano solo dove c’è lassismo, corruzione, mancanza di senso civico. Falso. L’Europa, e anche l’Ue, ha al suo interno fior fiore di paradisi fiscali, e nessuno dice niente, anche se tutti lo sanno.

In Austria il segreto bancario è inserito nella costituzione. In Olanda, Liechtenstein, Lussemburgo, e i paesi del Baltico (Estonia, Lituania, Lettonia) le condizioni bancarie, l’opacità delle transazioni, e i vantaggi offerti da legislazioni attentissime al “bene essere” degli investitori nei fatti fa venire sulle labbra la domanda “Ma allora sono paradisi fiscali?”.

E vogliamo parlare dell’Irlanda, dove i veri poteri del XXI secolo hanno stabilito la sede legale per non pagare le tasse nei paesi dove in realtà operano e producono fatturato?

E infine il Regno Unito, simbolo di civiltà e buone maniere, e centro di una rete finanziaria opaca al punto che nemmeno la Regina sa cosa succeda realmente nella sua City of London.

Il punto è che è facile fare i rigoristi e imporre tasse, vincoli, condizioni, prestiti agli altri, quando per anni, decenni hai agito né più né meno come le Isole Cayman.

Ma si sa pecunia non olet. E anche se il denaro puzzasse in Europa ci sarà sempre un governo – a parole rigorista – pronto ad accoglierlo senza fare troppe domande.