L’Hubris di dominare il tempo

di Alessandro Bottero

L’uomo vuole da sempre dominare l’ambiente che lo circonda. E in gran parte c’è riuscito. Domina lo spazio, grazie ai ripari dalle intemperie meteorologiche e ai mezzi di trasporto che permettono di spostarsi da un punto all’altro del pianeta, e ora l’obiettivo è dominare il tempo.

Non solo il tempo personale, organizzando e scadenzando i ritmi di vita dell’individuo, ma il tempo processuale.

La riforma Bonafede istituisce un tempo massimo entro cui un procedimento deve (non può, non è consigliabile, non è preferibile, ma DEVE) essere concluso.

Ci vedo l’affermazione del dominio dell’eccitante volontà di potenza sulla realtà noiosa e complicata delle procedure. Io voglio, esigo, pretendo che lo svolgersi degli eventi si conformi ai miei desideri, perché il mio volere, i miei desiderata, sono la norma a cui si deve confermare la realtà. E se la realtà richiede più tempo di quel che io le concedo, allora deve essere sanzionata.

Quattro anni massimo per concludere un processo. Chi non sarebbe contento di un risultato simile? Certo, la domanda sorge spontaneo: Ma se dopo tre anni e undici mesi ancora il caso non è chiuso, i giudici si inventeranno un modo per “risolverlo” entro i termini imposti per legge?

La saggezza contadini diceva che “La gatta presciolosa fece i figli ciechi”. La Giustizia è già cieca. Forse adesso diventerà un po… affrettata.