(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 22/E del 12 marzo 2018)
I contribuenti IRES possono beneficiare del “sismabonus”, vale a dire dell’agevolazione fiscale per gli interventi di messa in sicurezza degli edifici, anche se gli immobili oggetto di ristrutturazione non sono utilizzati direttamente a fini produttivi da parte delle società, ma vengono dati in affitto.
La precisazione dell’amministrazione finanziaria riguarda le disposizioni normative contenute nel decreto legge n. 63/2013, come modificate dalla legge di bilancio 2017, secondo cui, per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per l’adozione di misure antisismiche su edifici situati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) o a minor rischio (zona 3), spetta una detrazione del 50%, da calcolare su un ammontare massimo di 96.000 euro per unità immobiliare e da fruire nella dichiarazione dei redditi in cinque quote annuali di pari importo. Lo sconto sale al 70%, se dalla realizzazione degli interventi consegue il passaggio a una classe di rischio inferiore, ovvero all’80%, se il miglioramento del livello di sicurezza è ancora maggiore, cioè c’è il passaggio a due classi di rischio inferiori. Possono fruirne sia i contribuenti persone fisiche assoggettati all’Irpef sia le società, soggetti passivi dell’Ires, a patto che gli edifici in questione siano adibiti a fini residenziali (tutti i tipi di abitazione, non necessariamente quella principale) o ad attività produttive (agricole, professionali, produttive di beni e servizi, commerciali o non commerciali).
Dunque, a proposito dei soggetti IRES, è stato ora puntualizzato che l’agevolazione non viene meno se l’immobile oggetto di intervento antisismico non è usato direttamente a scopi produttivi, bensì è destinato alla locazione. Questo perché – motiva la risoluzione – il sismabonus è finalizzato a favorire la messa in sicurezza degli edifici per garantire l’integrità delle persone.