(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 3/E del 12 gennaio 2017)
Le somme che l’apposito Fondo di solidarietà ha riconosciuto, a titolo di indennizzo, a chi ha investito in obbligazioni emesse da banche insolventi, non hanno rilevanza reddituale e, quindi, non vanno assoggettate a imposizione fiscale. È l’atteso (e opportuno) chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate in merito al trattamento tributario da riservare ai risarcimenti attribuiti – in via forfetaria a seguito di istanza o a conclusione di una procedura arbitrale – alle persone fisiche (o ai loro eredi) che, al 23 novembre 2015, detenevano strumenti finanziari “subordinati” emessi dagli istituti in sofferenza, poi oggetto del DL n. 59/2016, c.d. “decreto salvabanche” (Banca delle Marche, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara, Cassa di risparmio della provincia di Chieti).
L’amministrazione finanziaria ha spiegato che gli importi erogati rappresentano non il ristoro di una perdita di reddito, ma semplicemente un reintegro patrimoniale, il ristoro del c.d. “danno emergente” subito a causa della violazione – da parte degli istituti di credito – degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal DLGS n. 58/1998 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” – TUF). L’indennizzo forfetario, infatti, è parametrato a quanto pagato dall’investitore al momento della sottoscrizione del titoli e non alla mancata percezione di proventi connessi al loro possesso; ai fini fiscali, pertanto, sono irrilevanti. Analogo trattamento per le somme corrisposte attraverso la procedura arbitrale, alternativa all’erogazione diretta, in quanto la loro erogazione è subordinata all’accertamento della responsabilità per violazione degli anzidetti obblighi.