(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 64/E del 28 luglio 2016)
Fisco al passo coi tempi. Il convivente more uxorio che sostiene le spese di recupero del patrimonio edilizio, ma non è proprietario dell’immobile né lo detiene in virtù di un contratto di comodato, può ugualmente fruire della detrazione IRPEF spettante per quel tipo di onere (c.d. “bonus ristrutturazioni”), alla stregua dei familiari conviventi. Questo perché – ha spiegato l’Agenzia delle entrate – la recente legge n. 76/2016 sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze, pur non equiparando la convivenza di fatto all’unione fondata sul matrimonio, ha attribuito valore giuridico a questo tipo di formazione sociale. Ne discende che esiste un “legame concreto” tra il convivente e l’immobile destinato a dimora comune, per cui la disponibilità di quest’ultimo (necessaria per aver diritto al beneficio fiscale) è insita nella stessa convivenza e non è necessaria altra documentazione formale, come, ad esempio, la stipula di un contratto di comodato.
Il convivente di fatto, dunque, si aggiunge all’elenco dei soggetti ammessi alla detrazione per i lavori di ristrutturazione, che, finora, comprendeva: il proprietario, il nudo proprietario, il titolare di un diritto reale sull’immobile (uso, usufrutto, abitazione), nonché – in qualità di detentori dell’immobile – l’inquilino e il comodatario (per questi ultimi due, occorre la presenza di un regolare contratto, rispettivamente, di locazione e di comodato, di cui bisogna riportare gli estremi di registrazione nella dichiarazione dei redditi).
Inoltre, in via interpretativa, l’Agenzia delle entrate aveva già inserito tra i beneficiari dell’agevolazione anche l’ex coniuge che affronta i lavori su un immobile, di proprietà dell’altro coniuge, assegnatogli a seguito di sentenza di separazione, e il familiare (coniuge, parente entro il terzo grado, affine entro il secondo grado) convivente del possessore o detentore dell’immobile, purché sostenga effettivamente la spese e la convivenza sussista fin dal momento in cui iniziano i lavori (non occorre un contratto di comodato: la disponibilità dell’immobile è attestata dalla condizione stessa di familiare convivente).
Alla luce delle novità introdotte dalla legge sulle unioni civili, ne consegue che, alla stregua dei familiari conviventi, il convivente di fatto può detrarre le spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio anche se non è contitolare né comodatario dell’immobile ed anche se i lavori riguardano abitazioni diverse da quella principale della coppia (ossia da quella in cui la stessa dimora abitualmente), sempre che in esse comunque si esplichi il rapporto di convivenza (ad esempio, una seconda casa al mare).
Benché la risoluzione non ne faccia menzione, si ritiene che il ragionamento fatto dalle Entrate possa considerarsi valido ed essere esteso al bonus del 65%, ossia alle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, e al “bonus mobili” abbinato alle ristrutturazioni.