(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 49/E dell’11 maggio 2015)
L’Amministrazione finanziaria si è adeguata all’orientamento espresso in più di una circostanza dalla Corte di cassazione e, “rinnegando” la posizione assunta in precedenti documenti di prassi, ha affermato che, qualora l’immobile acquistato fruendo dei benefici prima casa venga venduto prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’acquisto, l’acquisizione – entro un anno dalla vendita – di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale evita la decadenza dall’agevolazione non solo quando il riacquisto avviene a titolo oneroso (ossia, comprando l’immobile), ma anche nel caso in cui lo stesso si verifichi a titolo gratuito, quando cioè la nuova casa è “frutto” di una donazione.
La questione ruota attorno all’interpretazione della norma (nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986) che dispone il venir meno dei benefici prima casa nell’ipotesi di trasferimento infraquinquennale (prima cioè che siano passati cinque anni dall’acquisto), sia a titolo gratuito che oneroso, dell’immobile agevolato. A seguito della perdita dell’agevolazione, sono dovute le imposte di registro (o l’IVA) e quelle ipotecaria e catastale nella misura ordinaria; in pratica, va pagata la differenza tra le imposte assolte in misura ridotta per effetto dei benefici (non più spettanti) e quelle calcolate senza applicazione degli stessi, a cui bisogna aggiungere la sanzione in misura pari al 30% della medesima differenza d’imposta e i relativi interessi. Tuttavia, non c’è decadenza se, entro un anno dalla cessione, il contribuente “proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. Di questa espressione utilizzata dal legislatore, l’Agenzia delle entrate ha sempre dato una lettura restrittiva (da ultimo, nella circolare n. 18/E del 2013), riconoscendo il diritto a conservare i benefici esclusivamente in caso di riacquisto a titolo oneroso.
Ebbene, i ripetuti pronunciamenti di segno opposto da parte dei Giudici supremi (tra i più recenti, le sentenze nn. 16077 e 26766 del 2013, e la n. 5689 del 2014) hanno convinto il Fisco a rivedere la propria posizione. La Cassazione, infatti, ha più volte affermato che la norma agevolativa, nella parte in cui stabilisce che per mantenere il beneficio occorre procedere all’acquisto di un altro immobile idoneo a essere adibito a propria abitazione principale, non richiede che l’acquisto avvenga a titolo oneroso, “giacché, come noto, acquisto è sia quello oneroso che quello gratuito”. Da qui, l’invito rivolto agli uffici locali di riesaminare le controversie pendenti in materia e, nel caso in cui la pretesa tributaria sia stata fondata esclusivamente sulla questione in riferimento alla quale ora le Entrate hanno finalmente preso atto del principio consolidato della Cassazione, di abbandonare il contenzioso, sempre che – ribadisce la risoluzione – il nuovo immobile sia comunque adibito a dimora abituale del contribuente.