(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 95/E del 3 novembre 2014)
Chi ha acquistato un’abitazione mediante partecipazione a un’asta pubblica prima del 23 gennaio 2014 e ha versato la relativa imposta di registro calcolandola sul prezzo di aggiudicazione e non sul valore catastale (non per propria scelta, ma perché all’epoca la seconda opzione non era esercitabile), può richiedere il rimborso della maggiore imposta pagata, sempre che non siano trascorsi tre anni dalla data del versamento.
Questo perché la Corte costituzionale, con la sentenza n. 6 del 23 gennaio 2014, ha dichiarato l’illegittimità della norma (articolo 1, comma 497, legge n. 266/2005) che, per gli acquisti – da parte di soggetti che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali – di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto, contrariamente a quanto previsto per le compravendite “ordinarie” di case di abitazione, non riconosceva la facoltà di chiedere che la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale fosse costituita dal valore catastale (c.d. criterio del “prezzo valore”), indipendentemente dall’indennizzo riconosciuto o dal prezzo di aggiudicazione.
Infatti, prima della pronuncia della Consulta, in sede di stipula del contratto definitivo di compravendita, per le case acquistate all’asta non era consentito richiedere l’applicazione del criterio del “prezzo valore”. Il principio era stato confermato anche dall’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 102/E del 2007. L’Agenzia delle entrate, però, dopo la sentenza di inizio anno della Corte costituzionale, aveva già superato tale posizione affermando, nella circolare n. 2/E del 21 febbraio, che il sistema del “prezzo valore” è adottabile, ricorrendone le condizioni, anche per i trasferimenti immobiliari (di abitazioni e relative pertinenze) che avvengono per espropriazione forzata o a seguito di asta pubblica.
Specifica adesso il Fisco che, poiché gli effetti di una decisione della Consulta che dichiara illegittima una norma si producono anche con riferimento ai rapporti sorti prima della pronuncia stessa, il criterio del “prezzo valore” è applicabile pure agli atti registrati in precedenza. Unica condizione richiesta è che si tratti di rapporti non “esauriti”, cioè non sia ancora decorso il termine previsto per presentare istanza di rimborso delle imposte versate (per il Registro, sono tre anni, come disposto dall’articolo 77 del Dpr 131/1986 – Testo unico delle disposizioni sull’imposta di registro).
Trattandosi però di un regime opzionale, occorre che l’acquirente ne faccia specifica richiesta. Pertanto, il contribuente potrà esercitare l’opzione per l’applicazione del criterio del “prezzo valore” rendendo apposita dichiarazione nell’istanza di rimborso della maggiore imposta versata.