(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 11/E del 17 gennaio 2014)
Alla cessione di acqua destinata al consumo umano (acqua di sorgente o acqua da tavola), chimicamente simile all’acqua potabile, ma commercializzata in bottiglia come le acque minerali, va applicata l’aliquota IVA ordinaria (attualmente, del 22%) e non quella ridotta al 10%, riservata invece alla comune acqua di rubinetto. Tuttavia, considerata l’incertezza della norma e l’assenza di chiarimenti ufficiali (intervenuti solo adesso), il Fisco assicura che non saranno applicate sanzioni nei confronti delle aziende che, finora, hanno riservato a tali operazioni il trattamento fiscale agevolato (aliquota del 10%).
Le due acque, pur presentando alcune caratteristiche diverse (le “minerali naturali” vanno tenute al riparo da ogni rischio di inquinamento, per quelle “di sorgente” è tollerata la presenza di piccole contaminazioni di origine antropica, determinate cioè dall’uomo, come, ad esempio, metalli, pesticidi, antiparassitari, ecc.), risultano analoghe sotto il profilo giuridico-amministrativo, potendo entrambe essere immesse in commercio come acque gassate, cioè addizionate di anidride carbonica.
Pertanto, conclude la risoluzione n. 11/2014, l’IVA agevolata del 10% è applicabile ai soli corrispettivi dovuti per l’erogazione di acqua (“potabile” e “non potabile”) ai titolari di contratti di fornitura sottoscritti con i Comuni (o con le società autorizzate all’erogazione del servizio), con allacciamento alle condotte idriche della rete comunale, trattandosi di un bene primario. Per la cessione delle altre acque, minerali o di sorgente, l’aliquota è ordinaria.