Prosciolto il Cardinale Pell

L’Alta Corte australiana, il grado di giudizio più alto di quel paese  più o meno equivalente alla nostra Corte di Cassazione, ha ribaltato il giudizio di colpevolezza che i primi due gradi di giudizio avevano riservato al Cardinale George Pell, accusato e appunto condannato in primo e secondo grado a sei anni di carcere per abusi sessuali su minori

L’Alta Corte australiana dopo aver esaminato il ricorso presentato dai difensori di Pell ha deciso all’unanimità che esistevano molte eventualità e dati di fatto a favore dell’imputato non considerate dalle precedenti giurie. Nella motivazione a questa sentenza di proscioglimento si legge “esiste una possibilità significativa che una persona innocente sia stata condannata”.

Il punto qui non è entrare nel merito dell’accusa e dell’innocenza di Pell. La riflessione è su un punto procedurale: questa decisione è arrivata alla fine del terzo grado di giudizio.

Ossia, nei fatti esiste la possibilità che una sentenza ritenuta sicura “I giudici hanno avuto tutto il tempo necessario per giudicare, inutile perdere altro tempo”, possa, quando la si esamini con maggiore attenzione e soprattutto con occhi diversi, si riveli sbagliata.

Una delle polemiche più accese (almeno prima del coronavirus) era quella sulla necessità o meno dei tre gradi di giudizio in Italia. Qualcuno ha detto che sono troppi, e che sono un inutile orpello che serve solo ad allungare i tempi. Altri addirittura hanno detto che queste “mostruosità giuridiche come i tre gradi di giudizio”, esistono solo in Italia. Parrebbe però che esistano anche in Australia.

Allora il dubbio è: meglio una giustizia veloce, severa, certa, e chissà… anche che sbaglia senza possibilità di rimettere a posto le cose, o un passo leggermente meno frenetico, e più garanzie per l’imputato?