Leggi Illustrate N. 449

FISCO

IVA: il dilemma del Governo

Lasciare che l’Iva aumenti nel 2020 o impedirlo? Sembra questo l’unico problema al centro della polemica politica in vista della presentazione da parte del governo della nuova Legge di stabilità, che dovrebbe avvenire entro questo mese. Lo stesso problema si era presentato l’anno scorso. E’ dal 2011, dopo la crisi dei conti pubblici che precedette la caduta del governo Berlusconi, che si parla di “clausole” di salvaguardia”. Di che si tratta?

E’ la misura che fu presa per rispettare, almeno formalmente, i vincoli di bilancio (sforamento del debito non superiore al 3%) previsti dall’Unione europea. In pratica, il governo è stato autorizzato a spendere di più, ma con l’impegno a rientrare successivamente dal debito aggiuntivo.

Questo impegno finora è stato spostato in avanti di anno in anno. Cioè il vecchio debito è stato saldato contraendone uno nuovo (la famosa flessibilità) in attesa di trovare coperture, cosiddette “strutturali”, per saldarlo.

Il problema si proporrà puntualmente a fine d’anno: o si trovano i soldi, o dal 1° gennaio 2020 scatterà automaticamente la clausola di salvaguardia, cioè il finanziamento della spesa in eccesso, già effettuata, verrebbe garantito dall’aumento dell’IVA.

Che fare? A confronto le tesi contrapposte

LAVORO

RIDERS consegne a domicilio: il decreto delle buone intenzioni

Anche i lavoratori organizzati da committenti attraverso le piattaforme digitali hanno trovato l’attenzione del Legislatore. Il 5 settembre scorso è stato pubblicato il decreto legge 101/2019 (che porta la data del 3 settembre) ma approvato da un lontano Consiglio dei Ministri gialloverde di agosto (vedi “leggi illustrate” di settembre), che tenta di soccorrere la categoria dei riders che tanto aveva fatto rumore nel corso dell’estate. Il decreto li definisce lavoratori “non” subordinati che effettuano consegne di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore… attraverso piattaforme anche digitali.

L’intervento è meritevole sotto un profilo socio-economico. Altrettanto non si può dire sotto un profilo di lungimiranza giuridica, posto che quando il Legislatore ha la pretesa di regolare fenomeni specifici e circoscritti, l’ordinamento ne risente in termini di certezza del diritto. La portata pratica del provvedimento.

LAVORO

Rappresentanza sindacale e contrattazione collettiva

In base ad uno studio del Cnel (Consiglio Nazionale del’Economia e del Lavoro) sono circa 600 i contratti di lavoro pirata. Si tratta di accordi tra organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori costitute soltanto per derogare, al ribasso, a norme contrattuali stabilite dai contratti collettivi stipulati tra le organizzazioni sindacali e e datoriali cosiddette più rappresentative (ad esempio: Confindustria, Cgil, Cisl, Uil). Di qui l’esigenza di contarsi, di stabilire cioè, non solo di fatto, chi è rappresentativo e chi no di una categoria.

Proprio nella sede del Cnel, organismo costituzionale, invero finora poco utilizzato, datori di lavoro e sindacati hanno riprovato a concordare un metodo per misurare la rappresentanza sindacale nelle aziende. Il dato dovrebbe servire ad attribuire a un contratto collettivo la certificazione di genuinità: una garanzia, cioè, che poi renderà per legge vincolante il contratto; sarà preso, ad esempio, a riferimento per il calcolo dei contributi, per le deroghe e le integrazioni alle discipline normative (ad esempio su orario di lavoro, contratti a termine, ecc.), e per avere il diritto alla fruizione di incentivi normativi e contributivi, così come richiesto dalla legge.

Il nuovo tentativo ha portato alla sottoscrizione, avvenuta il 19 settembre, tra Inps, Ispettorato nazionale del lavoro, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, di una convenzione che affida all’Inps i servizi di raccolta, di elaborazione e di pubblicazione dei dati sulla presenza dei sindacati nelle aziende. A questa convenzione ha fatto seguito quella della Confapi con la Triplice e con Inps e Inl il 27 settembre 2019 e faranno seguito altre convenzioni per gli altri settori.

LAVORO

Rinnovo contratti a termine e versamento delle addizionali

Far lavorare con contratto a termine costa di più all’azienda. E costa ancora di più ogni volta che, a un primo rapporto a termine, l’azienda ne fa seguire un secondo, un terzo e via dicendo con lo stesso dipendente (cioè in caso di “rinnovo” del rapporto a termine). Questo “di più” è dato dal c.d. “contributo addizionale” versato solo ed esclusivamente sui rapporti a termine: la misura base è pari all’1,4%, ma sale di uno 0,5% in occasione di ogni “rinnovo”.

Sul primo contratto a termine, pertanto, il contributo addizionale è dell’1,4%; dopo il primo rinnovo sale all’1,9% (contributo base 1,4% più maggiorazione 0,5%); dopo il secondo rinnovo passa al 2,4% (contributo base 1,4% più due vuole la maggiorazione 0,5%); e così via. Il contributo base (1,4%) è stato introdotto dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012); la maggiorazione per i rinnovi (0,5%), invece, è figlia della riforma del Decreto Dignità (decreto legge n. 87/2018). Con la circolare n. 121/2019 dello scorso settembre, l’Inps ha dato il via libera al calcolo e al versamento della maggiorazione (0,5%) del contributo addizionale sui rinnovi dei contratti a termine a partire dal 14 luglio 2018 (rinnovi intervenuti da tale data). Il termine per i versamenti, anche degli arretrati, in un primo tempo fissato per il 16 ottobre, è poi slittato (Inps, messaggio 2447/2019) al 18 novembre.

PREVIDENZA

Attestazioni Isee: le novità

Novità per gli indicatori della situazione economica delle famiglie, utili per ottenere alcune prestazioni sociali. Le detrazioni rilasciate dai Comuni nel corso del corrente anno resteranno utilizzabili fino al 31 dicembre 2019. Quelle rilasciate a partire dal prossimo 1° gennaio 2020 avranno validità di un anno (solare), cioè fino al 31 dicembre dello stesso anno del rilascio. Lo stabilisce il decreto legge n. 101/2019 (c.d. decreto su crisi d’impresa), in vigore dal 5 settembre 2019, che modifica il decreto legge n. 34/2019 (c.d. decreto crescita), convertito con legge n. 58/2019 il quale, a sua volta, aveva modificato il decreto legge n. 4/2019. Un messaggio dell’Inps del 20 settembre scorso ha spiegato le novità.

È, dunque, questo il terzo intervento in sette mesi e stabilisce due novità: quella appena detta sulla validità (annuale) dell’ISEE e quella sul periodo di riferimento dei redditi e patrimoni ai fini del calcolo dell’ISEE. La seconda novità, in particolare, prevede che, dall’anno prossimo, redditi e patrimoni saranno allineati a uno stesso periodo temporale di riferimento: due anni solari precedenti.

Il messaggio dell’Inps del 20 settembre 2019 spiega le novità.

LAVORO

Parasubordinati: più tutele per malattia e maternità

Tutele più ampie nei casi di malattia e maternità dei lavoratori parasubordinati, dei soggetti cioè iscritti alla Gestione Separata Inps. Infatti, per aver diritto alle relative indennità adesso basta avere un mese soltanto, anziché tre, di contributi nella predetta gestione separata nei 12 mesi precedenti l’evento di malattia o maternità.

Inoltre, sono aumentati del 100% (quindi raddoppiati) gli importi delle indennità di degenza ospedaliera e di malattia. A stabilirlo è l’art. 1 del Decreto Legge n. 101/2019 (c.d. Decreto su crisi d’impresa), pubblicato sulla G.U. n. 207/2019 e in vigore dal 5 settembre 2019, data a partire dalla quale hanno efficacia le novità.

FISCO

Esami di riparazione per il 730

Venerdì 25 ottobre è l’ultimo giorno utile per modificare a proprio vantaggio la dichiarazione dei redditi prodotti nel 2018 e presentata tramite il modello 730/2019. Entro quella data, infatti, è possibile trasmettere all’amministrazione finanziaria un 730 integrativo per correggere errori od omissioni che hanno determinato una maggiore imposta dovuta o un minor credito spettante. Il caso più frequente è l’omesso inserimento, per dimenticanza, di qualche onere detraibile, come le spese mediche, l’abbonamento al trasporto pubblico locale, la palestra o la piscina dei ragazzi, i lavori dentro casa che danno diritto a sconti fiscali (“bonus ristrutturazioni”, “ecobonus”, “sisma bonus”, “bonus mobili”), ecc.

In tali circostanze, quando cioè l’integrazione è a vantaggio del contribuente, l’operazione non può avvenire con modalità fai-da-te, ma bisogna necessariamente rivolgersi a un intermediario (CAF o professionista abilitato).

L’utilizzo del modello Redditi è, invece, obbligatorio per chi deve intervenire sul 730 per operare correzioni/integrazioni a favore del Fisco.

FISCO

IVA arretrata sulle autoscuole

Autoscuole sul piede di guerra all’indomani della pubblicazione della risoluzione con cui l’Agenzia delle entrate ha recepito i principi stabiliti da una recente pronuncia della Corte di giustizia europea in materia di Iva: l’insegnamento della guida automobilistica non è equiparabile alla formazione scolastica o universitaria, attività per la quale è prevista l’esenzione dal tributo; pertanto, le prestazioni di servizi consistenti nello svolgimento di corsi teorici e pratici finalizzati al rilascio della patente devono essere assoggettate ad Iva.

Ma ciò che più ha “irritato” gli operatori del settore (hanno già fatto una giornata di sciopero a metà settembre) è l’efficacia retroattiva attribuita alla decisione.

Sembra, tuttavia, che il Governo stia già cercando una soluzione “ragionevole”, prevedendo l’applicabilità dell’Iva sulle prestazioni di scuola guida soltanto per il futuro. Probabilmente, sarà predisposta una norma ad hoc, da inserire nel primo provvedimento utile (quindi, con decorrenza dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta dell’eventuale decreto legge) o, al più tardi, nella prossima legge di bilancio, con decorrenza dal 1° gennaio 2020.

INSERTO

Fisco: un anno di interpelli (settembre 2018-agosto 2019)

Le principali risposte dell’Agenzia delle entrate alle richieste di chiarimenti presentate dai contribuenti, catalogate per argomento.