Cedolare secca: per il fisco è estesa soltanto a negozi e botteghe; per i giudici anche alle abitazioni locate a società

(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 50/E del 17 maggio 2019; CTP di Bari, sentenza n. 825/1/2019)

Due importanti spunti in materia di tassa piatta sulle locazioni: da un lato, il via libera da parte dell’amministrazione finanziaria all’applicazione del regime sostitutivo sugli immobili a uso commerciale (C/1) anche quando il conduttore agisce nell’esercizio dell’impresa; dall’altro, ancora una pronuncia dei giudici di merito a favore dell’applicabilità della cedolare secca sulle locazioni a uso abitativo (A/1, A/2, ecc.) anche quando l’inquilino è una società, a dispetto della posizione del Fisco, che da sempre limita l’utilizzo della tassazione forfetaria ai soli conduttori che non agiscono nell’esercizio di attività d’impresa o di arti e professioni.

Prima di entrare nel dettaglio dei due pronunciamenti, ricordiamo che quello della cedolare secca è un regime opzionale di tassazione dei contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze (articolo 3 del DLGS n. 23/2011), la cui applicazione sostituisce l’Irpef e le relative addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo, dovute per il contratto di locazione di immobili abitativi dati in affitto da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di imprese o arti e professioni. Nonostante la norma non faccia alcun riferimento alla natura dell’inquilino, l’Agenzia delle entrate sin dall’inizio ha precisato che occorre dare rilevanza anche all’attività del conduttore, restando esclusi dal regime i contratti aventi ad oggetto immobili abitativi conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni (circolare n. 26/E del 2011).

Di recente, l’ultima legge di bilancio (legge n. 145/2018) ha esteso la disciplina anche ai canoni derivanti dalla stipula, avvenuta nel 2019, di contratti di locazione aventi ad oggetto immobili destinati all’uso commerciale classificati nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe, ossia locali per attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti) e relative pertinenze locate congiuntamente; per usufruirne, l’unità C/1, oggetto della locazione, deve avere una superficie complessiva, al netto delle pertinenze, non superiore a 600 metri quadrati.

Per evitare che locatore e locatario si accordassero per risolvere in anticipo il contratto in essere nel 2018 e sottoscriverne uno ex novo nel 2019 al solo scopo di accedere alla tassazione più favorevole, l’opzione per la cedolare secca non è esercitabile per i contratti stipulati quest’anno, per i quali, però, al 15 ottobre 2018 era in piedi un contratto tra gli stessi soggetti e per lo stesso immobile, poi interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.

In merito all’ampliamento del regime sostitutivo ai locali commerciali, il Fisco ha fornito chiarimenti con la risoluzione n. 50/2019. Ha confermato, per quanto attiene alla figura del locatore, che deve essere una persona fisica che non agisce nell’esercizio dell’attività d’impresa, arti o professioni. Invece, relativamente al conduttore, non è richiesta la condizione necessaria per gli immobili abitativi, cioè che si tratti di soggetti che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, arti o professioni; questo perché tali contratti hanno ad oggetto proprio immobili da destinare ad attività commerciale. Pertanto, possono accedere alla cedolare secca anche le locazioni di immobili di categoria catastale C/1 stipulate con conduttori, sia persone fisiche che soggetti societari, che svolgono attività commerciale.

L’interpretazione delle Entrate sulla rilevanza della figura dell’inquilino, ribadita ancora una volta nel documento di prassi pubblicato a metà maggio, è stata però spesso smentita in sede giudiziaria dalle commissioni tributarie. L’ultima pronuncia in tale direzione, dopo numerosi analoghi precedenti (tra l’altro, delle CTP di Terni e di Reggio Emilia e delle CTR di Lombardia, Liguria ed Umbria), è arrivata dalla Commissione provinciale di Bari, chiamata ad esaminare il caso della concessione in affitto di un immobile, da parte di un privato, ad una Srl per finalità abitative del suo legale rappresentante o del suo personale, collaboratori e dipendenti. La controversia è scaturita dall’avviso di liquidazione – notificato al locatore dal competente ufficio fiscale – dell’imposta di registro, tributo che invece non risulta dovuto in caso di applicazione del regime della cedolare secca.

I giudici hanno censurato l’operato delle Entrate, reputando ammissibile l’uso della cedolare secca per questo tipo di locazioni, in quanto la legge non detta preclusioni in merito alla figura sull’inquilino che, quindi, può essere anche un imprenditore o un lavoratore autonomo; ciò che conta è che il locatore non agisca a titolo d’impresa o nell’esercizio di arti o professioni e che l’immobile sia accatastato come abitazione e a tale uso sia effettivamente utilizzato (circostanze che, nella vicenda in questione, sono risultate sussistenti). Insomma, sull’argomento regna ancora incertezza: il Fisco continua a sostenere la propria tesi, i giudici tributari spesso gli danno torto.

Affinché la questione venga definitivamente risolta (in un senso o nell’altro), occorre attendere che arrivi qualche pronunciamento della Cassazione. Nel frattempo, chi affitta un immobile abitativo ad un’impresa dovrà decidere se seguire l’orientamento prevalente delle commissioni, applicando la cedolare secca con la consapevolezza, però, di dover affrontare un sicuro contenzioso fiscale, oppure se adeguarsi all’interpretazione dell’Agenzia delle entrate, subendo “pacificamente” una tassazione più onerosa.