Manutenzioni edilizie e IVA sui beni significativi: parti staccate al 10%, se funzionalmente autonome

(Agenzia delle entrate, circolare n. 15/E del 12 luglio 2018)

Alla luce della norma di interpretazione autentica contenuta nella legge di bilancio n. 205/2017, l’amministrazione finanziaria ha chiarito alcuni aspetti della disciplina dei “beni significativi”, che assumono particolare rilevanza nell’ambito delle agevolazioni Iva per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Infatti, in linea generale, per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria su immobili a prevalente destinazione abitativa, è prevista l’applicazione dell’aliquota ridotta del 10%. L’agevolazione riguarda l’intera prestazione, estendendosi alle materie prime e semilavorate e agli altri beni necessari per realizzare l’intervento, sempre se forniti dallo stesso soggetto che esegue i lavori.
Tuttavia, a tale regola sfuggono i beni significativi, cioè quelli il cui valore può rappresentare la quota più sostanziosa dell’intera prestazione. Sono stati individuati dal decreto ministeriale 29/12/1999: ascensori e montacarichi; infissi esterni ed interni; caldaie; videocitofoni; sanitari e rubinetterie da bagno; apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria; impianti di sicurezza. Per essi è prevista una regola particolare: quando impiegati nell’ambito di un intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria, vanno assoggetti interamente all’aliquota del 10% soltanto se il loro valore non supera la metà del valore complessivo dell’intervento; in caso contrario, l’aliquota ridotta si applica fino a concorrenza della differenza tra il valore complessivo dell’intervento e quello degli stessi beni significativi, mentre il loro valore residuo sconta l’aliquota ordinaria. Ad esempio, in caso di rifacimento di un bagno per una spesa complessiva di 10.000 euro, di cui 4.000 per la manodopera e 6.000 per rubinetteria e sanitari (beni significativi), l’Iva al 10%, oltre che sui 4.000 euro di manodopera, si applica sulla differenza tra l’importo complessivo dell’intervento e il costo dei beni significativi (10.000 – 6.000 = 4.000); sul valore residuo dei beni (2.000 euro), c’è l’Iva ordinaria al 22%. La regola sui beni significativi appena ricordata – è il caso di ribadirlo – riguarda esclusivamente le manutenzioni ordinarie e straordinarie su immobili a prevalente destinazione abitativa, non anche gli interventi più impegnativi (come il restauro e risanamento conservativo o le ristrutturazioni), per i quali l’aliquota del 10% si applica a prescindere dalla tipologia dell’immobile e anche nella circostanza in cui il valore del bene sia prevalente rispetto a quello della prestazione, nonché qualora l’acquisto sia effettuato direttamente dal committente dei lavori.
Tornando alle manutenzioni ordinarie e straordinarie, generalmente anche le singole parti o i pezzi staccati dei beni significativi, forniti insieme a questi ultimi, sono soggetti allo stesso trattamento fiscale previsto per la prestazione di servizi, confluendo nel corrispettivo assoggettato all’aliquota del 10%. A tal proposito, secondo la legge di bilancio 2018, per determinare correttamente la base imponibile su cui applicare l’Iva al 10%, occorre verificare l’autonomia funzionale delle parti rispetto al bene significativo: se le componenti e/o le parti staccate sono autonomamente funzionali, non vanno ricomprese nel valore del bene significativo per il calcolo della quota esclusa dalla tassazione agevolata; diversamente, se la parte staccata è priva di una propria autonomia funzionale, la stessa va considerata parte integrante del bene e confluisce nel suo valore.
Se però l’intervento riguarda l’installa­zione/sostituzione della sola componente staccata di un bene significativo già installato, il suo valore è attratto nel valore complessivo della prestazione di servizi, tassato al 10%. È il caso della sostituzione del solo bruciatore della caldaia già in uso: sebbene si tratti di una parte staccata non dotata di autonomia funzionale, il suo valore finisce in quello della prestazione di servizi, poiché non c’è fornitura di un bene significativo, ma solo di una sua componente.
La circolare fa poi alcune precisazioni su determinati beni che spesso sono forniti insieme agli infissi (questi ultimi, come detto, rientrano nell’elenco dei beni significativi):
• le tapparelle e gli altri sistemi oscuranti (veneziane, scuri), in linea generale, hanno funzionalità autonoma rispetto agli infissi. Infatti, mentre questi ultimi servono a isolare e completare gli immobili, le tapparelle hanno lo scopo di proteggere gli infissi esterni dagli agenti atmosferici e di preservare gli ambienti interni dalla luce e dal calore; il loro costo, pertanto, non è attratto nel valore degli infissi, ma è ricompreso in quello della prestazione soggetta all’aliquota del 10%. Invece, il valore delle tapparelle o degli altri sistemi oscuranti finisce in quello degli infissi se in essi sono strutturalmente integrati;
• anche le zanzariere hanno autonomia funzionale rispetto agli infissi, in quanto installate per proteggere gli ambienti interni da zanzare e altri insetti. Quindi, il loro valore non rileva ai fini del calcolo del limite cui applicare l’aliquota del 10%, a meno che non siano strutturalmente integrate negli infissi;
• le grate e le inferriate di sicurezza, installate per prevenire il compimento di atti illeciti da parte di terzi, hanno autonoma rilevanza sotto il profilo funzionale e costituiscono beni diversi e indipendenti dagli infissi dell’abitazione. Il loro valore, pertanto, non confluisce mai in quello dei beni significativi, ma nel valore complessivo della prestazione soggetta all’aliquota del 10%.
Per quanto riguarda poi il valore da attribuire ai beni significativi, che in linea generale è quello concordato tra le parti contraenti (cioè il corrispettivo pattuito), la legge di bilancio 2018 ha precisato che “deve tener conto solo di tutti gli oneri che concorrono alla produzione dei beni stessi e, dunque, sia delle materie prime che della manodopera impiegata per la produzione degli stessi e che, comunque, non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi”. In altre parole: se il bene significativo è prodotto da chi presta il servizio, il suo valore è costituito dal costo di produzione (comprendente anche i costi indiretti, come l’ammortamento dei beni che contribuiscono alla produzione, le manutenzioni, le riparazioni, ecc.), che non può essere inferiore al costo delle materie prime utilizzate e a quello della manodopera impiegata; se invece il fornitore non produce il bene significativo, ma lo acquista da terzi, il valore del bene non può essere inferiore al suo valore di acquisto. Dal valore del bene significativo va escluso il margine aggiunto dal prestatore per determinare il prezzo finale di cessione (c.d. “mark-up”): rileva soltanto il costo “originario” del bene significativo, sia se prodotto sia se acquisito presso terzi.
Circa le modalità di fatturazione dell’intervento agevolato in cui è compresa la fornitura di un bene significativo, la norma di interpretazione autentica ha disposto che, per evidenziare la corretta applicazione dell’Iva, la fattura emessa da chi realizza l’intervento deve indicare, oltre al corrispettivo complessivo dell’operazione, anche il valore dei beni significativi forniti nell’ambito dell’intervento.
Infine, relativamente alla decorrenza delle nuove regole, trattandosi di norma interpretativa, la stessa ha efficacia retroattiva. Pertanto, gli uffici territoriali sono stati invitati ad abbandonare eventuali contestazioni di comportamenti tenuti fino al 31 dicembre 2017, rivelatisi poi corretti alla luce della novità di legge (ad esempio, erronea determinazione del valore dei beni significativi, emissione di fatture incomplete rispetto ai dati ora richiesti). Nessuna conseguenza, invece, per i rapporti esauriti, cioè quelli per i quali è intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definito. Infine, non è rimborsabile l’eventuale Iva applicata in misura maggiore su operazioni effettuate entro il 2017.