Cessione di immobile in cambio di assistenza: il criterio di tassazione

(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 113/E del 25 agosto 2017)

Via libera, dall’amministrazione finanziaria, alla tassazione agevolata dei cosiddetti “contratti atipici di mantenimento”. Si tratta di contratti, ormai ampiamente diffusi nella società attuale, con i quali, generalmente, viene trasferito un bene immobile da una persona ad un’altra in cambio, da parte di quest’ultima, di assistenza morale, economica e sanitaria vita natural durante (accade il più delle volte tra genitori e figli). Sono assimilabili alle rendite vitalizie (articoli 1872 e seguenti del codice civile), che però si distinguono per il fatto di prevedere la dazione di una specifica somma di denaro periodica.
L’intervento dell’Agenzia delle entrate è stato sollecitato da alcuni notai che, avendo registrato in materia comportamenti non univoci da parte degli uffici territoriali del Fisco, hanno chiesto di dirimere il dubbio sull’applicabilità o meno ai contratti in questione della regola del “prezzo-valore”. Tale criterio, introdotto dalla Finanziaria 2006, rappresenta una deroga al sistema ordinario di determinazione della base imponibile previsto dal Testo unico dell’imposta di registro: per le cessioni di abitazioni e relative pertinenze nei confronti di persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, la tassazione dell’atto (quindi, l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale) può avvenire, a seguito di opzione espressa dall’acquirente al notaio e riportata in atto, sulla base del valore catastale dell’immobile, ossia moltiplicando la rendita per determinati coefficienti, diversificati a seconda della tipologia di fabbricato. Ciò, a prescindere dal corrispettivo pattuito, benché lo stesso vada obbligatoriamente indicato nell’atto. Il prelievo fiscale, in tal modo, risulta meno oneroso rispetto al criterio generale, secondo cui la base imponibile è rappresentata dal valore commerciale del bene trasferito ovvero, in mancanza o se superiore, dal corrispettivo concordato tra le parti.
L’interpretazione ora fornita dalle Entrate prende le mosse proprio dalla norma della Finanziaria che ha introdotto il criterio del “prezzo-valore”. In particolare, secondo il Fisco, l’utilizzo generico del termine “cessioni” spinge a ritenere che il meccanismo sia valido anche per i contratti di mantenimento, tramite i quali, comunque, si determina la cessione di un immobile. Come per i trasferimenti a titolo oneroso, è richiesto che: si tratti di immobili a uso abitativo (e relative pertinenze); il cessionario persona fisica non agisca nell’esercizio di impresa o di lavoro autonomo; nell’atto venga indicato l’eventuale corrispettivo, anche se, nel caso specifico, può risultarne difficile la quantificazione.
A tal proposito, è stato precisato che nell’atto deve essere dichiarato il valore della controprestazione assunta dal cessionario, determinata in via presuntiva; se poi nel corso dello svolgimento del contratto emerge che il valore effettivo della controprestazione è differente rispetto all’importo precedentemente indicato e ciò comporta l’applicazione di un’imposta maggiore (in quanto il valore della prestazione è superiore al valore del bene ceduto), il contribuente deve denunciare il valore definitivo del corrispettivo.