Benefici prima casa salvi anche se cambia il presupposto di accesso

(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 53/E del 27 aprile 2017)

Nel caso in cui si chieda l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” sul presupposto di svolgere attività lavorativa nel comune in cui è situato l’immobile acquistato e poi, di fatto, ciò non avvenga, è possibile conservare i benefici se si rilascia una dichiarazione integrativa con cui si assume l’impegno a trasferire la residenza in quello stesso comune entro 18 mesi dall’acquisto; ciò, ovviamente, qualora l’intervallo temporale non sia già decorso.
È la soluzione, condivisibile, adottata dall’Agenzia delle entrate nell’esaminare l’istanza d’interpello di un avvocato che apre lo studio professionale nello stesso comune in cui acquista un appartamento chiedendo, per quest’ultimo, l’applicazione dei benefici “prima casa” proprio sulla base di tale presupposto, cioè perché l’immobile si trova nel comune in cui svolge attività lavorativa.
Ricordiamo, infatti, che i benefici per l’acquisto della prima casa (imposta di registro nella misura ridotta al 2% anziché l’ordinario 9% ed imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna anziché quella proporzionale, rispettivamente, del 2% e dell’1%) spettano in presenza di determinate condizioni relative alla situazione patrimoniale dell’acquirente nonché alla classificazione catastale e all’ubicazione dell’immobile. In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, è richiesto che l’abitazione sia ubicata nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisce la residenza entro 18 mesi dall’acquisto ovvero, se diverso, di quello in cui lavora.
Tornando al caso in esame, il presupposto legittimante è venuto meno, dal momento che l’unico incarico professionale sulla base del quale lo studio è stato aperto non ha avuto attuazione concreta; in quel comune, di fatto, non è mai stata svolta alcuna attività lavorativa, come ha dichiarato lo stesso professionista nella comunicazione inviata al proprio Ordine per segnalare la chiusura della sede.
Sollecitata dall’interpello formulato dall’interessato, l’amministrazione finanziaria, concordando con la soluzione da lui prospettata, ha precisato che, per conservare il diritto all’agevolazione, sarà sufficiente che presenti una dichiarazione integrativa, nella stessa forma dell’atto originario (cioè, rendendola al notaio e registrandola presso l’ufficio in cui è stato registrato l’atto di acquisto), con la quale si impegna a trasferire la residenza nel comune di ubicazione dell’appartamento entro 18 mesi dalla data di acquisto. La dichiarazione integrativa, che rettifica quella resa nell’atto originario, è possibile sempreché l’ufficio non abbia già disconosciuto l’agevolazione, notificando all’interessato apposito avviso di liquidazione.
Si tratta di una rilevante apertura pro contribuenti da parte dell’Agenzia delle entrate, considerato tra l’altro che, in più di un’occasione, la stessa Corte di cassazione si è espressa in senso opposto, negando la possibilità di rettificare la dichiarazione sul presupposto legittimante l’agevolazione resa nell’atto di acquisto.