Nuovo regime di cassa per le imprese minori: quando vale la competenza

(Agenzia delle entrate, circolare n. 11/E del 13 aprile 2017)

Non è un regime di cassa “puro”, ma un regime “misto” cassa – competenza. È l’Agenzia delle entrate a esprimersi in questo modo illustrando il nuovo regime di determinazione del reddito riservato, dall’ultima legge di bilancio, alle imprese minori, cioè alle persone fisiche esercenti imprese commerciali, alle società di persone, agli enti non commerciali e alle società di fatto che si trovano in contabilità semplificata, avendo conseguito, nell’anno precedente, ricavi non superiori a 400.000 euro (se imprese di servizi) ovvero a 700.000 euro (se esercenti altre attività).

L’amministrazione finanziaria, nella circolare n. 11/2017, ha analizzato le nuove disposizioni di legge, che trovano applicazione a partire dal periodo d’imposta 2017, fornendo interessanti chiarimenti.

L’adozione del criterio di cassa in luogo di quello di competenza (finora possibile solo per i titolari di redditi di lavoro autonomo esercenti arti o professioni) consente di calcolare l’imponibile come differenza fra i ricavi percepiti e le spese sostenute nello stesso periodo d’imposta. In tal modo, anche le piccole imprese, quelle che più subiscono gli effetti negativi dei pagamenti tardivi da parte dei clienti e delle difficoltà di accesso al credito, possono far coincidere il momento della tassazione con quello dell’effettiva percezione dei corrispettivi, possono cioè pagare le imposte solo dopo aver realmente incassato e non in anticipo, come invece accade quasi sempre se si applica il principio di competenza.

Tuttavia, come accennato, si tratta di un regime “ibrido”. La deroga al criterio di competenza, in verità, vale soltanto, da un lato, per i ricavi percepiti e gli altri proventi (rispettivamente art. 85 e art. 89 del Tuir), e, dall’altro, per le spese sostenute (ad esempio, acquisti di merci destinate alla rivendita, di beni impiegati nel processo produttivo, di beni incorporati nei servizi, utenze, materiali di consumo, spese condominiali, imposte comunali deducibili, assicurazioni e interessi passivi).

Invece, per gli altri componenti reddituali, continua ad applicarsi il criterio di competenza. È il caso, ad esempio, tra quelli positivi, di: ricavi da assegnazione dei beni ai soci o destinazione degli stessi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa; proventi derivanti dagli immobili patrimoniali, cioè quelli che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa; plusvalenze e sopravvenienze attive; redditi determinati forfettariamente per le attività di allevamento di animali oltre il limite per poterle considerare attività agricole. Per quanto riguarda i componenti negativi, si deducono secondo gli ordinari criteri previsti dal Tuir: minusvalenze e sopravvenienze passive; quote di ammortamento di beni materiali (anche promiscui) e immateriali e canoni di leasing; perdite di beni strumentali e perdite su crediti; accantonamenti di quiescenza e previdenza; spese per prestazioni di lavoro; oneri di utilità sociale; spese relative a più esercizi; oneri fiscali e contributivi; interessi di mora.

Per evitare che il passaggio dal regime di competenza a quello di cassa possa generare anomalie in termini di doppia imposizione o deduzione ovvero di nessuna tassazione o deduzione di alcuni componenti di reddito, la norma prevede che “i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi”. A tal proposito, l’Agenzia ha chiarito che tale principio va applicato sia quando si passa dal regime di competenza a quello di cassa sia ogni volta che si transita dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria e viceversa. Pertanto: se un componente reddituale – per il quale è mutato il criterio di imputazione temporale in occasione del cambio di regime – ha già concorso alla determinazione del reddito secondo le regole del regime di “provenienza”, lo stesso non deve concorrere al reddito dei periodi di imposta successivi, anche se si verificano i presupposti di imponibilità o deducibilità previsti dal regime di “destinazione” (è il caso, ad esempio, di una prestazione di servizi ultimata nel 2016 e in quello stesso anno assoggettata a tassazione, ma incassata nel 2017, anno in cui l’impresa applica il regime di cassa); allo stesso modo, un componente che non ha concorso al reddito secondo le regole del vecchio regime concorrerà al reddito dei periodi di imposta successivi, anche se non si verificano i presupposti di imponibilità o deducibilità previsti dal nuovo regime (è il caso, ad esempio, degli acconti percepiti nel 2016, fiscalmente irrilevanti in quell’anno in applicazione del criterio di competenza, che invece concorreranno a formare l’imponibile nell’anno in cui la prestazione sarà ultimata). La circolare rimarca l’opportunità che l’impresa, nel passare dal criterio di competenza a quello di cassa, memorizzi in via extracontabile i componenti reddituali “trascurati”.

Circa la previsione normativa secondo la quale, per il primo periodo di imposta di applicazione del nuovo regime, le rimanenze finali che hanno concorso per competenza al reddito dell’esercizio precedente vanno dedotte interamente dal reddito della prima annualità di applicazione del regime, la circolare precisa che questa regola opera anche in caso di passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata. Inoltre, se si passa dal nuovo regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria, in linea generale, le rimanenze di merci il cui costo è stato sostenuto e dedotto secondo le regole del regime di cassa non rilevano come esistenze iniziali al momento della fuoriuscita dal regime semplificato, in deroga alle ordinarie regole di competenza del Tuir. Diversamente, se per le merci in rimanenza non è stato effettuato il relativo pagamento, le stesse rilevano come esistenze iniziali e si applicano le ordinarie regole di competenza. L’Agenzia delle entrate sottolinea che, a tal fine, occorre redigere un prospetto iniziale delle attività e passività esistenti alla data del 1° gennaio dell’anno in cui si applica il regime di contabilità ordinaria.

I nuovi criteri di imputazione temporale “improntati alla cassa” previsti ai fini dell’imposta sul reddito delle imprese minori si applicano anche con riferimento alla base imponibile Irap, tenendo anche qui conto delle opportune disposizioni dettate per evitare fenomeni di doppia imposizione o di salto d’imposta nel passaggio da un regime all’altro.

L’applicazione del regime di cassa non è subordinata all’esercizio di una specifica opzione, trattandosi del regime naturale per i soggetti in possesso dei requisiti per essere qualificati come imprese minori. Pertanto, chi intraprende un’attività e ritiene di percepire ricavi non superiori ai limiti visti in precedenza può, per il primo anno, tenere la contabilità semplificata senza dover comunicare alcunché all’amministrazione finanziaria. Possono accedervi anche i contribuenti il cui regime naturale è quello forfetario; in questo caso, però, oltre al comportamento concludente (cioè alla concreta applicazione del regime prescelto), occorre una successiva comunicazione nella dichiarazione annuale Iva.

Dal regime di cassa si esce per superamento delle soglie di ricavi o a seguito di opzione per il regime ordinario. Quest’ultima vincola per tre anni, ha effetto dall’inizio del periodo di imposta nel corso del quale la scelta viene effettuata e fino a quando non è revocata, e si esercita per comportamento concludente, con successiva comunicazione nel quadro VO della dichiarazione Iva.

La circolare conclude con un importante chiarimento per i contribuenti che nel 2016 (prima che entrasse in vigore la nuova disciplina) hanno optato per il regime di contabilità ordinaria: tenuto conto delle significative modifiche apportate al regime delle imprese minori, il vincolo triennale non opera e gli stessi, dal 1° gennaio 2017, possono revocare la scelta effettuata e accedere al regime di cassa.

Chi invece intende continuare ad applicare il regime di contabilità ordinaria non deve esprimere alcuna opzione, in quanto la stessa si intende rinnovata per un anno. Peraltro, visto che i chiarimenti relativi al regime semplificato sono arrivati in corso d’anno, chi per il 2017 ha tacitamente rinnovato l’opzione per la contabilità ordinaria, nel 2018 potrà revocare la scelta per applicare il regime semplificato.
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nfine, chi ha optato per il regime semplificato, pur avendo i requisiti per applicare il regime forfetario, può revocare quella scelta e applicare il regime forfetario dal 1° gennaio 2017.