Errato visto di conformità: le indicazioni a professionisti e CAF per limitare i danni

(Risoluzione n. 69/E del 30 luglio 2015)

Una delle grosse novità introdotte a partire da quest’anno in materia di 730 riguarda la successiva fase di controllo e le responsabilità in presenza di errori: quando il modello è presentato tramite un Centro di assistenza fiscale o un professionista abilitato, il controllo formale viene effettuato nei riguardi di costoro (lo stesso Caf o il commercialista), in quanto tenuti a rilasciare il visto di conformità “pesante”, con cui attestano la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alla relativa documentazione e alle norme che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto (in questi casi, l’Agenzia delle entrate può richiedere al contribuente sono la documentazione necessaria per verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi per fruire di benefici fiscali, ad esempio: l’effettiva destinazione dell’immobile ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto, in presenza di interessi passivi sul mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale; la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 3 della legge n. 104/1992, per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap, risultanti dalla documentazione rilasciata dagli organi abilitati all’accertamento dell’invalidità; la tipologia di intervento di ristrutturazione edilizia e la data di inizio lavori, nelle ipotesi in cui la normativa edilizia vigente non prevede alcun titolo abilitativo per la realizzazione di interventi agevolati dalla normativa fiscale; ecc.).
In caso di visto infedele, quando cioè il Fisco riscontra irregolarità nella dichiarazione addebitabili al soggetto che ha prestato l’assistenza fiscale, quest’ultimo è tenuto a pagare, oltre alla sanzione del 30%, l’imposta e gli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente a seguito di controllo formale; a meno che l’errore non sia imputabile a dolo o colpa grave dello stesso contribuente (ad esempio, perché ha presentato un documento contraffatto per poter beneficiare di una detrazione d’imposta).
Per ridurre i rischi connessi al rilascio del visto ed evitare di dover provare la condotta dolosa del contribuente attivando un contenzioso legale nei suoi confronti, Caf e professionisti possono evitare la responsabilità su imposta e interessi, correggendo la dichiarazione entro il 10 novembre: se entro quella data inviano un 730 rettificativo oppure, qualora il contribuente non intenda presentare la nuova dichiarazione, comunicano i dati relativi alla rettifica, a loro carico resta la sola sanzione, ridotta ad 1/8 del minimo se versata entro lo stesso 10 novembre; così facendo, imposta ed interessi saranno dovuti dal contribuente.
A tal proposito, con la risoluzione n. 69/2015, l’Agenzia delle entrate ha illustrato le modalità operative, precisando che il professionista o il Caf deve predisporre un modello F24 per ogni singola dichiarazione rettificativa o per ogni singola comunicazione dei dati relativi alla rettifica. Nella sezione “contribuente”, vanno riportati il codice fiscale, i dati anagrafici e il domicilio fiscale del professionista o del Caf che effettua il pagamento, mentre nel rigo “codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” deve essere indicato il codice fiscale del contribuente intestatario della dichiarazione dei redditi oggetto dell’errato visto di conformità, inserendo il numero “73” nel campo “codice identificativo”. Per il versamento della sanzione, nella sezione “erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, va utilizzato il codice tributo “8925” (“Ravvedimento – Sanzione per rilascio del visto di conformità e dell’asseverazione in maniera infedele e violazioni commesse dai sostituti nell’attività di assistenza fiscale”), mentre nel campo “anno di riferimento”, deve essere indicato quello in cui si commette la violazione.