La plusvalenza derivante dalla cessione del compromesso è un reddito sempre imponibile

(Agenzia delle entrate, risoluzione n. 6/E del 19 gennaio 2015)

Va sempre assoggettato a tassazione l’eventuale “guadagno” conseguito vendendo ad un terzo soggetto il contratto preliminare di compravendita immobiliare (il cosiddetto compromesso). Ciò perché, nel caso specifico, non si realizza una plusvalenza derivante dalla cessione di un bene immobile (articolo 67, comma 1, lettera b, del TUIR), che sarebbe tassabile soltanto nel caso in cui avvenisse prima che siano passati cinque anni dalla data di acquisto, con possibilità, tra l’altro, di richiedere al notaio l’applicazione di una tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 20%. Piuttosto, si configura un reddito “diverso”, generato dall’“assunzione degli obblighi di fare, non fare, permettere” (lettera l del citato articolo 67), imponibile in qualsiasi caso, a prescindere dall’entità dell’intervallo temporale intercorso tra la data di acquisto e quella di cessione.
È questa la risposta fornita dall’Ammini­strazione finanziaria all’interpello presentato da un contribuente, che – dopo aver stipulato qualche anno fa, con la società costruttrice, un preliminare per l’acquisto di un’immobile in fase di costruzione, versando una certa cifra a titolo di acconto – non intende più perfezionare l’acquisto e, di conseguenza, vuole cedere ad altri il compromesso sottoscritto. A tal proposito, ritiene che la somma ricevuta in più rispetto a quanto da lui versato in acconto alla stipula del preliminare non rientra in nessuna delle categorie reddituali previste dall’ordinamento tributario e che, quindi, non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Di tutt’altro avviso, come già anticipato, l’Agenzia delle entrate, la quale fonda la sua interpretazione sulla considerazione che il contratto preliminare non trasferisce la proprietà del bene, ma produce solo effetti obbligatori (articolo 1351 del codice civile), comporta cioè il sorgere di determinati impegni in capo alle parti contraenti, in particolare quello di sottoscrivere successivamente il contratto definitivo, generalmente già determinato nei suoi contenuti essenziali (oggetto, prezzo, termini e modalità di pagamento, ecc.). Con la cessione del preliminare, il promissario acquirente perde tale qualifica e si assume l’obbligo di non essere presente al momento della stipula del contratto definitivo e, quindi, di non sottoscriverlo più.
Infine, per quanto riguarda l’ammontare della plusvalenza da far confluire nel reddito complessivo, la risoluzione delle Entrate specifica che essa è data dalla differenza tra l’importo percepito nel periodo d’imposta (questo in base al “principio di cassa”, generalmente applicabile alle plusvalenze realizzate dai contribuenti non titolari di redditi d’impresa) e le spese inerenti alla sua produzione (ad esempio, le provvigioni pagate ad eventuali intermediari o gli onorari corrisposti a professionisti), ovviamente – aggiungiamo noi – considerando anche l’acconto/caparra che era stato versato al promittente venditore.